di Guido Dalla Casa

Il sistema economico, essenza della civiltà industriale, è chiaramente un sottosistema del sistema Ecologico globale (se volete, della Terra). Anzi, è un sottosistema legatissimo al Sistema più grande, soprattutto attraverso la necessità di sfruttare risorse e accumulare rifiuti, concetti sconosciuti nel Sistema naturale, che funziona per cicli chiusi. Inoltre, nella civiltà industriale il consumo di risorse e l’accumulo di rifiuti sono destinati a crescere, di solito con andamento esponenziale. Non ci vuole molto a rendersi conto che il sistema economico attuale è assolutamente incompatibile con il sistema più grande di cui comunque fa parte. Il fatto che sia andato avanti per circa due secoli, tempo insignificante per la Terra, è soltanto un’ulteriore prova che la civiltà industriale, che lo sostiene, sta per finire. Infatti in questo periodo cominciano a manifestarsi i primi sintomi di impossibilità, fra cui l’accumulo di rifiuti, la perdita di bio varietà e i cambiamenti climatici, tutti fenomeni con variazioni intollerabili, perché diecimila volte più veloci di quelle possibili nel sistema Terra.
Quando l’andamento di un sottosistema è sostenibile?
E’ sostenibile se non altera in modo apprezzabile il funzionamento (o la Vita) del sistema più grande di cui fa parte. Tutte le altre definizioni di sostenibilità che circolano sono totalmente antropocentriche (dicono di non nuocere alle generazioni future) e quindi fuorvianti e inutili.
In questo quadro, espressioni come sviluppo sostenibile, green economy, economia circolare sono state inventate nel tentativo di continuare tutto come prima.
A qualcuno sembra impossibile vivere diversamente da oggi, cioè in un modello ben diverso dalla civiltà industriale? E’ opportuno ricordare che sono esistite sul Pianeta circa cinquemila culture umane: ben poche erano incompatibili con il Sistema Terra, la maggior parte potevano esistere a tempo indefinito all’interno del Sistema più grande. Purtroppo sono quasi completamente scomparse per l’invadenza della nostra civiltà e dei suoi valori. Tutto ciò non significa che dovremo vivere come una di queste ex-culture: significa che è possibile vivere in modo compatibile con il Sistema Terra, pur di allontanarsi completamente dai valori della civiltà industriale, cioè abbandonare e dimenticare l’economia.
E’ interessante notare che esiste uno studio molto valido che dimostra l’impossibilità di persistenza della civiltà industriale e quindi del sistema economico: è stato descritto nel libro di Pignatti e Trezza Assalto al pianeta (Bollati Boringhieri, 2000), che è passato sotto silenzio, anche se probabilmente non esistono pubblicazioni che ne contestino la validità. I due Autori non sono due fanatici “ambientalisti”, ma professori dell’Università “La Sapienza” di Roma. Comunque, il sistema economico ha una sola variabile (il denaro) e non può esistere a lungo in un sistema ad elevato grado di complessità e con un numero grandissimo di variabili.
L’argomento preferito dagli industrialisti-sviluppisti per invocare la crescita economica come il rimedio di tutti i mali è che si tratta dell’unico modo per dare a tutti il lavoro. Non ci vuole una gran fantasia per rendersi conto che il lavoro per tutti non c’è più, se si mantiene il concetto di lavoro proprio della civiltà industriale. Quindi bisogna cambiarlo alla radice: ad esempio, abolire le distinzioni fra lavoro pagato e lavoro volontario e fra lavoro e tempo libero. Forse occorrerà abolire anche il denaro. Solo come esempio, molte culture umane sono vissute per tempi lunghissimi senza l’idea del denaro.
Per inseguire le follie dell’economia, siamo ridotti a dover “creare lavoro” (!), cioè sostituire materia inerte a sostanza vivente (in questo consistono le “opere” della civiltà industriale), quindi distruggere la Vita, creando inoltre ulteriore infelicità, perché di norma quel lavoro non è gradito a chi è costretto ad eseguirlo.
I politici in genere sono una fonte di guai, ma non possono far niente se non si intaccano a fondo i valori della civiltà attuale: infatti vengono eletti solo se promettono l’aumento degli indicatori dell’economia, in particolare del solito dannato PIL. Siccome la crescita economica distrugge la Vita nella sua varietà, i politici ottengono il risultato per cui sono stati eletti soltanto se continuano a distruggere i processi vitali propri dell’Ecosistema. E’ comunque interessante sapere che, in tempi recenti, il re del Bhutan Jigme Singye Wangchuk ha introdotto, al posto del PIL, considerato un indicatore ben lontano dalla serenità mentale e da qualunque forma di “felicità”, l’indicatore GNH (Gross National Happiness), che tiene conto non solo della salute psicofisica umana, ma anche della buona salute degli ecosistemi e degli altri esseri senzienti, oltre che della preservazione dei valori culturali tradizionali del Bhutan.

Dobbiamo abolire l’economia! Non parlarne neanche, come hanno fatto moltissime altre culture umane, che purtroppo sono ormai solo un ricordo, ma che hanno dimostrato che si può vivere anche senza il PIL e gli altri indicatori economici.
In conclusione, premesso che:
- quando si cominciano a vedere gli effetti dei fenomeni che procedono con una legge matematica esponenziale, manca poco alla loro fine;
- la civiltà industriale, con il suo primato dell’economia, avanza con legge esponenziale all’interno del Sistema più grande di cui fa parte, cioè l’Ecosfera (o la Terra), ed è incompatibile con il suo funzionamento;
- da alcuni anni si cominciano a notare in modo evidente gli effetti della civiltà industriale nell’Ecosfera (sovrappopolazione umana, cambiamenti climatici, distruzione della bio varietà e degli ecosistemi, consumo di territorio, ecc.);
se ne deduce che la sua fine è imminente.
E’ quindi opportuno prepararsi spiritualmente e materialmente al transitorio verso modelli completamente diversi. I modelli culturali che si manifesteranno “dopo” dovranno essere compatibili con la Vita (o il funzionamento) dell’Ecosfera, di cui comunque faranno sempre parte. Per soddisfare queste esigenze più generali i modelli futuri dovranno avere come sottofondo filosofico forme di non-antropocentrismo e non-materialismo e dovranno…buttare alle ortiche l’economia.
Gestire il transitorio sarà un compito molto difficile, ma forse stimolante. La difficoltà più grande sarà la mostruosa sovrappopolazione umana che affligge la Terra.
estratto da Arianna Editrice

Guido Dalla Casa è docente di Ecologia Interculturale presso la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini (Università di Urbino) e tiene corsi di Scienze Naturali ed Ecologia Profonda .Ha pubblica L’ultima scimmia (1975) per la Casa Editrice MEB, Ecologia Profonda (1996) per l’Editrice Pangea, Inversione di rotta (2008) per Il Segnalibro,L’ecologia profonda. Lineamenti per una nuova visione del mondo (2008) e Guida alla sopravvivenza (2010) per Arianna, Ambiente: Codice Rosso (2011) per l’Editrice Jouvence, oltre a numerosi articoli su varie Riviste, quasi tutti su argomenti di ecologia profonda.