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FUORI SCALA


di Max Strata


Lytton, il villaggio canadese diventato famoso aver registrato la temperatura di quasi 50°c. alla fine di giugno, non c'è più. Un incendio improvviso, favorito dal grande calore e da un vento ad oltre 70 km orari, ha inghiottito le sue case di legno. Gli abitanti sono riusciti a fuggire ma hanno perso tutto. Un fatto eccezionale ? Consideriamo che negli stessi giorni la soglia dei 50°C. è stata superata in alcune parti del nord Africa e del medio oriente, abituate a temperature elevate ma non certo a quelle intollerabili. Queste eventi estremi mostrano una sostanziale differenza rispetto ad altri del genere. Normalmente, lo scostamento rispetto ai record registrati nelle stesse zone consiste in variazioni di pochi decimali di grado ma questa volta si è verificato un aumento di 5, 6 o addirittura 10°C. rispetto al picco precedente. La deviazione rispetto ai modelli climatologici attualmente in uso è dunque risultata fuori scala. Ciò è confermato da altre misurazioni che, a livello locale e mondiale, riguardano non solo la temperatura e l'umidità relativa ma la velocità di scioglimento dei ghiacciai, il bilancio di massa annuale di neve e ghiaccio, l'innalzamento del livello del mare, la quantità di pioggia, i giorni di siccità ecc. La sommatoria di queste anomalie indica che le previsioni sull'avanzare del riscaldamento globale effettuate solo qualche anno fa, vanno riconsiderate alla luce di una loro rapida accelerazione.

Il nuovo rapporto tecnico del tavolo intergovernativo dell'ONU (I.P.C.C.) che uscirà tra qualche mese ma di cui si conoscono già alcuni stralci, è chiaro. In questa “summa” della scienza climatica, ovvero lo stato dell’arte più aggiornato, con una ponderazione delle previsioni più attendibili da cui emergono gli scenari di riferimento internazionali, si sottolinea che le nuove condizioni climatiche corrono troppo veloci rispetto alla capacità di adattamento degli animali, delle piante e degli ecosistemi. Nel rapporto si scrive che “Gli attuali livelli di adattamento saranno inadeguati per rispondere ai futuri rischi climatici”, il che significa che non siamo pronti ad affrontare nemmeno gli scenari derivati da un aumento della temperatura globale di 2°C entro il 2050. In alcune regioni del pianeta e tra queste il bacino del Mediterraneo (dove da tre decenni le temperature medie rischiano di salire di 3°/4°C..), gli eventi estremi colpiranno in rapida sequenza.

Svuotato di ogni significato l'accordo internazionale sul clima siglato a Parigi nel 2015, si apprende che il dopo COVID apre la strada a nuovi investimenti nei combustibili fossili a cui fanno capo Cina, India, Indonesia, Giappone e Vietnam che nei prossimi anni apriranno ben 600 nuove centrali termoelettriche alimentate a carbone, ovvero con il combustibile più inquinante in assoluto. Non va meglio in occidente, dove il passaggio alle fonti energetiche rinnovabili risulta non sufficientemente sostenuto ne dai governi, ne dai mercati che riflettono il tentativo delle grandi compagnie del settore di tenere l'economia ancorata all'uso di petrolio, metano e, per l'appunto, carbone.

In un mondo dove crescono la popolazione, il PIL e le emissioni di CO2, inevitabilmente cresce la temperatura degli oceani e delle terre emerse. Il caso di Lytton, all'interno di un processo di riscaldamento che prevede intermezzi gelati dovuti alla complessità delle dinamiche in gioco, ci mostra in anteprima alcune conseguenze del caos che abbiamo generato. Grazie ad una grafica costantemente aggiornata, il sito del Climate Change Institute dell'Università del Maine ci permette di visualizzare meglio quanto accade. https://climatereanalyzer.org/


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