
di Francesca Bazzichi
L’osservare, il percepire, l’affacciarsi della prossima stagione, mi porta a riflettere su come la natura cadenza il proprio tempo (che non ha nulla a che fare con il frenetico ticchettio dell’orologio) e su come ce lo mostra in modo spettacolare.
L’autunno è una delle manifestazioni più emozionanti: i colori caldi esplodono come un ossimoro rispetto alle temperature che si fanno più fresche e la natura tutta si prepara al sonno invernale.Ed osservando questo principio di spettacolo non ho potuto non pensare a quanto noi, come esseri umani, ci siamo distanziati da questo cadenzare delle stagioni.
In natura, tutto ha un proprio tempo, che non può essere né prima, né dopo… ogni cosa arriva esattamente quando deve arrivare, ed ha un senso che sia così. Noi, animali umani, abbiamo invece perso questo sapere ancestrale della giusta attesa.Pretendiamo il tutto e subito, abbiamo smarrito il senso e la risorsa della pazienza.Basterebbe tornare indietro di qualche pagina della nostra storia per imparare nuovamente una distinzione fondamentale, quella che c’è tra Kairós e Krónos.
Gli antichi greci attribuivano al tempo due significati ben distinti: Krónos è il tempo astratto, il tempo che scorre, il ticchettio dell’orologio, è il tempo quantificabile e misurabile, è quel tempo che scandisce le nostre giornate (in special modo la parte lavorativa delle nostre giornate), è il tempo del Bianconiglio costantemente in ritardo, è il tempo che fa da misura alla nostra competizione, alla nostra inadeguatezza verso l’ “altro” o verso un “modello” (stabilito da chi, non è dato sapere), è il tempo che, rendendoci misurabili, ci rende in qualche modo mercificabili, ci rende giusti o sbagliati. Krónos ci chiede di fare, è il tempo che fagocita…è il gigante che divora la sua stessa prole.
Dall’altra parte troviamo, invece, Kairós: il tempo giusto, il tempo adatto, il momento propizio, la buona circostanza, il “tempo nel mezzo”, il tempo di natura qualitativa.
Se Krónos è il tempo del fare, Kairós è il tempo dell’essere: uno il tempo fuori, l’altro il tempo dentro…quel tempo che è necessario a sé stesso.Tornare ad osservare come si muovono gli elementi naturali ci può fornire la possibilità di imparare di nuovo ad aspettare il momento giusto…ogni cosa ha un suo tempo così come, banalmente, ogni stagione ha le sue fioriture, le sue verdure, i suoi animali. Saper stare dentro l’attesa ci permette di uscire dalla convinzione di poter avere tutto, sempre a disposizione.
Analizziamo bene le parole: tutto, sempre… concetti astratti, generalizzazioni che ci allontanano dal dato di fatto, dal concreto, in quanto, concretamente, non esistono, non sono possibili. Sono concetti puramente mentali costruiti dalla nostra parte egoica che avrebbe la pretesa di essere onnipotente, onnipresente, onnisciente…che vorrebbe tutto e subito, appunto, con il risultato di scontrarsi inevitabilmente con la frustrazione, la rabbia a volte, di non poterlo ottenere. Una modalità che ricorda un ingozzarsi frenetico, bulimico, non “sano”. Sono concetti figli di una società volta all’avere e non all’essere, volta al profitto, al consumo, quella società che, priva di ogni logica, divora una volta e mezzo le risorse che il nostro pianeta può offrire.
Sarebbe importante tornare a muoverci con ritrovata lentezza, per non dimenticarci niente e nessuno dietro, per tornare a sentirci, ascoltarci, darci lo spazio di far emergere i nostri bisogni, apprezzare quello che abbiamo, pianificare il nostro obiettivo gustandoci il viaggio passo, dopo passo, dopo passo…ricordandoci che ogni cosa ha il proprio tempo, e così come la natura ha la pazienza di percorrere tutti i suoi cicli, così noi possiamo fare con i nostri.La pazienza, il rallentare, ci concedono un’osservazione più profonda, ci permettono di mettere il cuore in ciò che facciamo.Ricollocarci in un tempo “giusto”, dentro e fuori, fa parte di quel meraviglioso atto rivoluzionario che è il prendersi cura.

Francesca Bazzichi, counselor e formatrice, da sempre legata alle tematiche ambientali, crede profondamente che nel recupero dell’armonia nel rapporto uomo/natura stiano il senso profondo e l’opportunità di questo nostro tempo.