
di Francesca Volpe
Numerose giornate sono istituzionalmente dedicate alla celebrazione dell’ambiente. Tra queste ricordiamo, per citarne alcune, la Giornata mondiale della Fauna selvatica (World Wildlife Day, 3 marzo), la Giornata internazionale delle Foreste (International Day of Forests, 21 marzo), la Giornata mondiale dell’Acqua (World Water Day, 22 marzo), la Giornata mondiale delle Api (World Bee Day, 20 maggio), la Giornata mondiale dell’Ambiente (World Environment Day, 5 giugno), la Giornata mondiale degli Oceani (World Oceans Day, 8 giugno), la Giornata internazionale della Montagna (International Mountain Day, 11 dicembre). In questa, che si configura quasi come una pletora di giornate rivolte alla celebrazione dell’ambiente o di porzioni di esso, vale la pena segnalarne una in particolare: la Giornata internazionale di Madre Terra (International Mother Earth Day, 22 aprile). Preso atto del deterioramento degli ecosistemi a causa di modelli di produzione e consumo non sostenibili, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha ritenuto necessario promuovere una ridefinizione della relazione tra esseri umani e mondo naturale e a tal fine ha adottato nel 2009 una Risoluzione con la quale l’Assemblea Generale ha proclamato, appunto, l’International Mother Earth Day (Risoluzione 63/278). Con le parole del Presidente della Bolivia Evo Morales, l’adozione della menzionata Risoluzione è un evento senza precedenti: viene istituita una giornata dedicata a una profonda riflessione sul pianeta Terra, nella consapevolezza che, così come il ventesimo secolo è stato il periodo del riconoscimento dei diritti umani, il ventunesimo secolo dovrebbe essere il secolo dei diritti di Madre Terra. Se infatti vogliamo veramente vivere in armonia con la Natura, continua Evo Morales, dobbiamo riconoscere che non solo gli esseri umani sono portatori di diritti, ma anche le piante, gli animali e tutti gli altri esseri viventi.
Il dialogo internazionale avviato sotto la guida della Bolivia sulla necessità di promuovere un percorso di sviluppo in armonia con la Natura, è risultato nell’adozione, sempre nel 2009, della prima Risoluzione dell’Assemblea Generale “Harmony with Nature” (Risoluzione 64/196.8). Vivere in armonia con la Natura, come delucidato dalla stessa Assemblea Generale in un report di qualche anno successivo, implica un’equa e bilanciata relazione con il pianeta Terra, riconosciuto come fonte e sostentamento dell’umanità. Al centro di tale relazione vi è un profondo rispetto per la Terra, unitamente al riconoscimento dell’imperativo della sopravvivenza e del mantenimento in buono stato del pianeta, così come della responsabilità umana nei confronti del suo risanamento. Pare assai significativo che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite abbia deciso di impegnarsi pubblicamente non per la promozione di un, compromissorio, “sviluppo sostenibile” a tre pilastri (economico, sociale e ambientale) e neppure di una, più coraggiosa, “sostenibilità”, la quale però, distorta in mille contrastanti accezioni, finisce spesso per ridursi a un termine onnicomprensivo svuotato di significato. Le Nazioni Unite sembrano aver fatto una scelta audace, lontana da mezze misure, abbracciando la prospettiva “dell’armonia con la Natura”, lanciando un’iniziativa profondamente ecologica e incentrata sul ripensamento del ruolo dell’essere umano nei confronti della Natura, che richiama alla memoria, non senza un brivido di rinnovata speranza, quell’armonia ecologica promossa dall’ecosofia di Arne Naess.
Alla prima Risoluzione del 2009 ne sono finora seguite altre undici, tutte volte, seppur da prospettive differenti, a delineare un nuovo paradigma relazionale di tipo non antropocentrico con la Natura. La settima Risoluzione Harmony with Nature è particolarmente interessante poiché introduce un dialogo virtuale volto a ispirare i cittadini e le società a riconsiderare la loro interazione con il mondo naturale. Tale dialogo si svolge nell’ambito dell’United Nations Harmony with Nature Knowledge Network costituito da esperti in materia di Earth jurisprudence. Con le parole del primo rapporto del Knowledge Network, la Earth jurisprudence (detta anche Earth-centered worldview) può essere concepita come una cultura della cooperazione, i cui valori fondanti sono l’equità, la collaborazione, il dialogo, l’inclusione, la comprensione, l’accordo, il rispetto. La Earth jurisprudence considera gli esseri umani come una componente di una comunità più ampia di esseri, nella quale il benessere di ognuno è dipendente dal benessere della Terra nel suo complesso. Viene sovvertita la visione tradizionale in base alla quale le leggi di un ordinamento giuridico sono la più alta autorità che presiede al funzionamento delle società e si riconosce invece nelle leggi naturali del sistema Terra la fonte primaria di organizzazione e regolazione di ogni sistema umano. La Earth Jurisprudence postula la necessità di ricostruire la civilizzazione sui principi ecologici della sostenibilità e delle relazioni collaborative con il mondo naturale, assicurando così le basi di un’esistenza in armonia con la Natura, ponendosi la domanda di come debba essere e quali caratteristiche debba avere un sistema naturale per essere considerato in salute. Per rispondere a tale quesito, secondo il primo Rapporto del Knowledge Network, dovremmo rivolgerci alle conoscenze ecologiche tradizionali. Gli indigeni, infatti, custodiscono un patrimonio inestimabile di conoscenze costruito attraverso secoli di vita in armonia con gli ecosistemi dei quali fanno parte. Sono quindi degli esperti che dovrebbero essere considerati delle vere e proprie guide nella gestione degli ecosistemi a livello locale.
Alcuni ordinamenti giuridici sembrano aver già avviato un percorso in tal senso. La Nuova Zelanda, ad esempio, ha riconosciuto la personalità giuridica spirituale e olistica al fiume Whanganui nell’ambito del processo di composizione della controversia con la popolazione Maori, che considera i fiumi e la foresta come degli antenati dei quali prendersi cura. L’Alta Corte del Bangladesh ha recentemente riconosciuto la personalità giuridica al fiume Turag e la Corte Suprema di Medellin in Colombia ha dichiarato il fiume Cauca portatore del diritto a essere protetto, conservato, mantenuto e ripristinato. L’Ecuador ha modificato la propria Costituzione per riconoscere i diritti della Natura in vista di una più efficace protezione di Pachamama, un termine che ingloba non soltanto le caratteristiche fisiche della Natura ma anche quelle spirituali, e ha intrapreso diverse azioni giudiziarie e amministrative per azionare tali diritti. Il Santa Monica City Council, in California, ha adottato la Sustainability Rights Ordinance, che sancisce i diritti delle comunità naturali e degli ecosistemi. A livello sovranazionale, merita di essere segnalata la Universal Declaration of Rights of Mother Earth, adottata sulla falsariga della Universal Declaration of Human Rights nell’ambito della World People’s Conference on Climate Change and the Rights of Mother Earth, tenutasi nel 2010 in Bolivia come risposta simbolica al fallimento della Conferenza di Copenhagen sui cambiamenti climatici del 2009. L’articolo 2 della Dichiarazione riconosce ed elenca i diritti innati di Madre Terra e di tutti gli esseri dei quali essa è composta, mentre l’articolo 3 statuisce ed elenca gli obblighi degli esseri umani nei confronti di Madre Terra.
La sfida proposta dal processo Harmony with Nature e suggellata dall’istituzione dell’International Mother Earth Day non è sicuramente facile. Richiede infatti il superamento dell’approccio attualmente dominante, figlio del dualismo cartesiano e della visione meccanicistica che, separando gli esseri umani dall’ambiente naturale e reificando la Natura, tende a parcellizzare sacrificando la visione d’insieme e a giustificare lo sfruttamento dell’ambiente per ragioni economiche. I documenti finora elaborati entro il processo Harmony with Nature danno però conto dell’esistenza di un importante movimento mondiale di riscoperta del valore intrinseco della Natura che, seppur taciuto dalla narrazione dominante, si sta manifestando anche attraverso l’adozione di numerose azioni sia a livello politico che normativo. Tra pochi giorni sarà il 22 aprile, cogliamo l’occasione della celebrazione dell’International Mother Earth Day per intraprendere anche noi, nella nostra quotidianità, un cammino di rinnovata armonia con la Natura.

Francesca Volpe, nata a Firenze, cresce selvatica tra campagna e città. Si laurea in giurisprudenza e si specializza in diritto dell’ambiente con un dottorato e svolge diversi anni di attività accademica. Credendo nella validità dell’affermazione “sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, attua nell’agriturismo di famiglia le buone pratiche di sostenibilità sulle quali svolge la sua attività di ricerca. È autrice di articoli su temi ambientali e su stili di vita improntati alla riduzione degli sprechi e del libro “La Toscana in Renault 4. Viaggio sui sentieri dell’ecofilia e della libertà”, Infinito Edizioni, 2020.