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Il mondo scrauso.




«Scrauso» era un termine romanesco del XV secolo che voleva dire «sciocco» e che poi ha assunto il significato di "scadente" ma soprattutto di "sgradevole" e "brutto". Per una serie di ragioni, il mondo di oggi è un mondo scrauso e lo è nella sua intimità, in senso profondo, ma facilmente visibile a tutti coloro che non si fermano ad osservare le sue manifestazioni superficiali o che non si limitano ad accettarne passivamente i benefici materiali. Il tema onnicomprensivo che ne determina la "bruttezza" è la più completa incapacità della nostra specie di porre rimedio alla imponente crisi ecologica che è stata generata dalle attività industriali e dall'affermazione di una economia costantemente protesa verso la crescita infinita. A parlare chiaro, nonostante le provocazioni negazioniste di un numero sempre più elevato di soggetti ideologicamente schierati o in malafede, sono le cifre: ovvero la registrazione e lo studio di un certo numero di eventi, della loro progressione e della loro intensità. Tra questi, c'è il fenomeno meteorologico denominato "cupola di calore" che negli ultimi decenni si è diffuso sempre di più a causa del riscaldamento globale, con conseguenze ormai visibili agli occhi di tutti (o quasi). Si verifica quando le condizioni atmosferiche determinate da un'alta pressione intrappolano l'aria calda su certe regioni, creando una sorta di bolla o, se si vuole, di coperchio. Il fenomeno della subsidenza fa poi precipitare l'aria calda verticalmente causando la compressione di quella al suolo e provocandone l’ulteriore surriscaldamento. In queste condizioni, l’aria non riesce a salire e a raffreddarsi, né l’umidità può uscire dalla cupola, che in questo modo alimenta ondate di calore sempre più forti, con temperature molto elevate, persistenti e pericolose specialmente nelle città, oltre che per tutti gli ecosistemi e per gran parte degli altri esseri viventi.



In questo contesto, stiamo assistendo a dei record negativi che, in teoria, dovrebbero scuotere qualsiasi persona di buon senso. Già sappiamo che il mese di luglio appena trascorso è stato quello più caldo da quando si effettuano sistematiche registrazioni dei dati ma che probabilmente, in base alle indicazioni rilevate dagli studi glaciologici sul clima, è stato anche il più caldo da 120 mila anni a questa parte. El Niño, ovvero il riscaldamento ciclico dell'Oceano Pacifico tropicale che aggiunge calore all'atmosfera, ha dato il suo contributo ma ciò non toglie nulla alla gravità di quanto è accaduto e di quanto sta accadendo.

Durante questo mese sono state raggiunte temperature record in più regioni del pianeta e spesso contemporaneamente. In particolare, abbiamo assistito al manifestarsi di cupole di calore che si sono posizionate in Europa meridionale e in Africa settentrionale, in Cina, sull'Asia orientale e negli Stati Uniti, oltre a quella che ha alimentato la peggiore stagione di incendi boschivi in Canada.

Le temperature più alte si sono avvicinate o addirittura hanno superato i 50°C. in alcune località degli Emirati Arabi Uniti, in Messico, Cina, Iran, Kuwait, Oman, Arabia Saudita e Stati Uniti, mentre in ampie porzioni dell'Oceano Atlantico e del Mare del Nord, le acque superficiali hanno aumentato sensibilmente il loro calore, raggiungendo i 30°C. di media nel Mediterraneo.

Le ondate di caldo, in diverse occasioni, hanno interessato anche l'emisfero australe, dov'è pieno inverno, ed è di questi giorni il vero e proprio allarme causato dal caldo fuori stagione presente in buona parte dell'America Meridionale ed in particolare sulle ande cilene e in Argentina. Parlare di anomalie termiche è ormai fuori luogo, visto che ci troviamo nel bel mezzo di una sostanziale modificazione dell'andamento climatico a livello globale. Le cupole di calore, quando poi incontrano correnti d'aria più fredde, tendono a dare origine a enormi vortici temporaleschi e a precipitazioni di grande intensità, come è accaduto nel nord Italia.

Per dare un'idea di come l'equilibrio del clima sia di fatto stravolto dal repentino aumento dei gas serra in atmosfera, vediamo che mentre in Iran, il governo è costretto a chiudere gli uffici pubblici per una massiccia ondata di calore e per la prolungata siccità, la Cina fa i conti con inondazioni catastrofiche che nella sola area di Pechino (dove in 5 giorni sono caduti 745 mm di pioggia), hanno provocato l'evacuazione di 80 mila persone e numerosi morti.

Considerate le medie di temperatura, sulla terraferma abbiamo assistito ad oscillazioni al rialzo nell'ordine dei 10-15 °C e in mare da 4 a 5°C: cifre a dir poco sconvolgenti, seppure per periodi limitati. Numeri che evidenziano una instabilità significativa, capace di provocare repentini mutamenti meteorologici con incursioni di aria fredda, alluvioni, o di moltiplicare la frequenza e la forza di tornado e uragani.

Il punto è che nonostante i notevoli progressi della ricerca su questo tema, gli scenari peggiori che sono stati elaborati per i prossimi anni, sembrano realizzarsi prima del previsto. Il dato emerge dal fatto che i sistemi terrestri e quelli marini, appaiono reagire più in fretta di quanto era stato indicato in un primo tempo. Secondo alcuni osservatori, il rapporto periodico delle Nazioni Unite sull'andamento climatico, sarebbe infatti in ritardo rispetto a quanto accade nella realtà e questo perché sotto la pressione di governi e industrie, le sue dichiarazioni tenderebbero ad essere eccessivamente prudenti.

L'ex capo dell'I.P.C.C., il professor Bob Watson, in una intervista rilasciata a The Guardian ha dichiarato: “Sono molto preoccupato. Nessuno dei cambiamenti osservati finora (con un aumento della temperatura di 1,2°C) è sorprendente. Ma sono più gravi di quanto previsto 20 anni fa e più gravi delle previsioni di 5 anni fa. Probabilmente abbiamo sottovalutato le conseguenze.”

Un'affermazione non molto distante da chi sostiene che un "tipping point", ovvero il raggiungimento di un punto di non ritorno climatico, determinato dall'inerzia del sistema, si sia già avverato.

Sono molte le situazioni che attraverso continui monitoraggi, indicano con sempre maggiore chiarezza come l'evoluzione del riscaldamento, o per meglio dire, del caos globale, sia sempre più rapida e disastrosa. E' sufficiente guardare ai processi di desertificazione, alla imponente massa di ghiaccio in fusione nelle aree polari che non si riforma più nel periodo invernale, alla condizione dei ghiacciai montani e del permafrost, o alla capacità degli oceani di assorbire la CO2 in eccesso. Attualmente, oltre il 90% di questo gas viene infatti "stoccato" nelle acque marine che però, con l'aumento della temperatura superficiale, tendono inevitabilmente a diminuire questa loro funzione e a diventare sempre più acide. Un pò quello che succede con le grandi foreste del pianeta che martoriate dai tagli e dal mutamento nell'uso del suolo, tendono a modificare il loro funzionamento, fino al degrado che le può trasformare da assorbitrici ad emettitrici di CO2.

Insomma, se non fosse ancora chiaro, abbiamo a che fare con una situazione inedita, potenzialmente distruttiva ogni oltre immaginazione, anche oltre gli scenari (prudenti) elaborati dai ricercatori che producono i report delle Nazioni Unite. Gli impatti, ovvero le conseguenze effettive, sulla produzione agricola, sulla disponibilità di acqua dolce, sulla salute e quindi a livello economico e sociale, nonché sulla tenuta delle "istituzioni", sono già stati descritti in vari scenari del tutto plausibili, anche se è complicato affermare con esattezza, dove e quando si manifesteranno. Ciò che sappiamo è che esistono degli hot-spot, ovvero dei luoghi geografici più esposti e verosimilmente destinati a subire prima di altri questi effetti.

Il caos climatico, del resto, è solo la manifestazione più evidente (e potente) di una crisi ampia e diversificata che pone in discussione le basi biologiche della vita, aggredite da una miscela di comportamenti a dir poco folli. Una sequenza di alterazioni funzionali del suolo, dell'atmosfera, delle acque dolci e salate, che porta il nome di Antropocene, ovvero la nuova era in cui la nostra specie è riuscita ad incidere sui processi geologici come e più delle grandi forze naturali che hanno modellato il pianeta nel corso di milioni di anni.

E' dunque questo il mondo scrauso di cui facciamo parte, un mondo squilibrato sotto il profilo ecologico e deviato sotto il profilo delle relazioni interne alla nostra specie e della nostra specie verso le altre.

Un mondo in cui dopo aver provocato la quinta estinzione di massa, la guardiamo come qualcosa che non ci riguarda, come se vivessimo su un altro pianeta. Un mondo palesemente dominato da una violenza senza confini che trova origine nel modo in cui l'essere umano si pone al centro di un universo che non gli appartiene ma di cui è convinto di essere il padrone. Eppure, è un fatto che nel corso della storia, vi sono state comunità/società ben diverse, fondate sulla cooperazione, sulla condivisione e sul rispetto dei limiti naturali di un territorio, identità che si sono espresse su una scala temporale ben più estesa della presente e che hanno saputo respingere l'abominevole assillo dell'accumulo, della ricerca di quel surplus che è alla base dei modelli economici e comportamentali che ci hanno condotto verso una crisi sistemica senza precedenti.

Ma il mondo scrauso, che si regge sulle ineguaglianze, sullo sfruttamento e sulla rapina, è anche l'indice di un male originario che dimora in tutte quelle culture che esaltano se stesse come un dio trascendente, nella loro infausta ricerca di onnipotenza, che si esprime con la logica dell'imperio e della sottomissione, oltre che nella convinzione di un necessario distacco dagli altri animali, dagli alberi, dalle rocce e dalle acque, ovvero da quella rès nullìus che non viene compresa se non nel suo spregiudicato utilizzo, nella sua funzione meramente utilitaristica.

Per come è concepito, il mondo scrauso, privato di bellezza, armonia e sacralità della natura, non ammette altre visioni. Nasce da un vizio di forma, da un'offesa alla complessa magia della vita. Perciò è dura l'esistenza di chi gli si oppone, precaria, per chi è destinato a sperimentare l'effimera sensazione di aver colto una qualche verità, seppur debole ed evanescente nella frenetica insensatezza di questo tempo.








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