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Piangere per un albero.


Sul vallo di Adriano, al confine tra Scozia e Inghilterra, in un luogo denominato Sycamore Gap, c'era un albero intitolato a Robin Hood. Era lì da secoli ed era un simbolo, poi, una mano criminale l'ha tagliato.

Qui, un estratto dall'articolo di Rob Cowen, pubblicato da The Guardian.

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Ad un certo punto, mercoledì sera della scorsa settimana, quando la Gran Bretagna era colpita dalla tempesta Agnes, una persona – o forse più di una – si è avvicinata a uno degli alberi più famosi e amati del Paese, ha acceso una motosega di due metri e ha iniziato a tagliare.

In appena mezz'ora, l'albero che riempiva la piccola conca a forma di U nel Vallo di Adriano e che si pensava avesse 300 anni, è caduto lasciando un vuoto. Non solo in quella distesa di paesaggio scarso di alberi del Northumberland che un tempo delimitava i confini settentrionali dell'impero romano, ma anche nella vita di molte persone, come me, che lo hanno abbracciato durante le lunghe passeggiate lungo il muro e che poi sono tornate con i propri figli per fare lo stesso. Persone che hanno sparso le ceneri dei loro cari attorno alle sue radici. Persone che lo visitavano religiosamente nelle varie stagioni e cercavano riparo dal sole e dagli acquazzoni sotto la sue fronde; che hanno visto le sue foglie infuocate in autunno e la sua sagoma nuda e nera nel freddo cielo invernale.


Gli alberi possono significare moltissimo per noi. Sono profondamente radicati, in mancanza di una definizione migliore, nella nostra cultura e mitologia. E lo sfogo di dolore e rabbia per la distruzione di quell’unico sicomoro è stato diffuso da molti. La sua assenza in quell'incavo nel muro è devastante per molte ragioni, ma leggendo la notizia ho provato un altro tipo di tristezza e dolore.

Il destino dell’albero di Sycamore Gap è tragicamente il simbolo di una società che è diventata completamente disconnessa e disinteressata al mondo naturale e non umano.

C’è un’amara ironia nel fatto che lo stesso giorno in cui l’albero è stato abbattuto, il National Trust ha pubblicato un rapporto sullo stato della natura in Gran Bretagna che ha mostrato come il Paese sia uno dei più impoveriti del pianeta dal punto di vista naturale, con un calo del 19% di specie studiate dal 1970, quando le cose erano – per usare un eufemismo – già oltre il desolante, dopo secoli di costante degrado e persecuzione della natura e decenni di utilizzo massiccio di insetticidi come il DDT in agricoltura. La dice lunga il fatto che questo rapporto profondamente preoccupante, ha raccolto molti meno titoli dei giornali rispetto al solo atto di vandalismo a Sycamore Gap.

Esistiamo in un’emergenza climatica e di biodiversità e siamo apatici supervisori della sesta grande estinzione di massa. Di fronte alla realtà, la domanda posta dalla maggior parte degli individui ragionevoli è: come diavolo possiamo fermare tutto ciò? Ma troppo spesso questo è il limite massimo. La vita si mette in mezzo. I sistemi di esistenza, le necessità e le difficoltà di guadagnarsi da vivere, pagare le bollette, nutrire e vestire i nostri figli, sono divoranti e appaiono più urgenti. Coloro che presumibilmente hanno il compito di fare il meglio per il Paese e per il mondo, che cosa fanno? Viviamo in quella che pretende di essere una nazione progressista, civilizzata e “amante della natura”, una delle più ricche del pianeta, eppure abbiamo un governo che ha semplicemente fatto marcia indietro con orgoglio e sistematicamente, sui suoi impegni per soddisfare gli imperativi climatici e ha fatto a pezzi le sue promesse ambientali.

Durante un'estate che ha visto un'ondata di incendi estremi, tra cui l'incendio di 13,8 milioni di ettari di foreste in Canada e inondazioni catastrofiche in tutto il mondo, il primo ministro Rishi Sunak ha annunciato la concessione di nuove licenze per l’estrazione di petrolio e gas nel Mare del Nord. Successivamente ha respinto alcuni degli impegni del governo per diminuire l'emissione di gas serra e lo ha fatto con un sorriso sulle labbra, sostenendo di essere dalla parte del lavoratore comune contro l’élite, tentando di introdurre un nuovo cuneo nella questione del clima per ottenere voti. Questo mi dà la nausea quanto la fine del sicomoro. Lui conosce i dati. Ha i fatti a portata di mano. Ha figli. L’impatto di tali decisioni sarà enorme e le conseguenze disastrose a lungo termine.

Purtroppo, la risposta del Labour non è stata certo la mossa coraggiosa che avrebbe dovuto essere: il lancio di una contropolitica che smantelli questa follia. La verità è che abbiamo politici di ogni parte che considerano l’adozione di misure essenziali per garantire che le generazioni future possano vivere in un mondo abitabile, come una mossa troppo impopolare tra l’elettorato per sostenerla.

Oltre ai politici e alle aziende intrappolati nella danza mortale del capitalismo in fase terminale, potremmo guardare anche a decenni di altre cadute e fallimenti. L'erosione della natura e del mondo naturale dai programmi di studio e dalle aule, il non poter nuotare in sicurezza nei nostri fiumi a causa dell'inquinamento, il fatto che gran parte delle campagne inglesi sono off-limits (solo l'8% è classificato come open access) e che quindi la maggior parte dei nostri campi e boschi non può essere attraversata senza minaccia di arresto.

Come possiamo aspettarci che le persone formino con questo mondo vivente quel tipo di connessioni che potrebbero fermare la sega di un taglia alberi o forzare un cambiamento nelle abitudini, se non possono viverci? Come possiamo chiedere alle persone di proteggere qualcosa rispetto alla quale non hanno alcun senso di appartenenza?

Mi addolora profondamente la fine di quell'albero, quell'acero celtico del muro che è rimasto lì in tutte le fasi della vita dei miei figli, della mia vita, della vita dei miei genitori, della vita dei miei nonni e più indietro anche di qualsiasi fotografia. Ma mi dispiace anche per chi mercoledì scorso si è lanciato in quella follia con una motosega, perché abbiamo deluso persone come lui e deluso la natura. Chiunque egli sia e perché non sia riuscito a vedere la bellezza e la magnificenza di quel sicomoro incorniciato in quell'antica piega della collina, si può affermare che il suo gesto è dovuto a una lunga serie di tagli che sono più profondi e più distruttivi.

E se mi stai chiedendo cosa spero possa sorgere da quel povero ceppo, spero che sorga il cambiamento. Più che una nuova scultura, un cerchio di pietre o una panchina commemorativa, un cambiamento radicale.







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