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Inverno greco: appunti di viaggio.



La pianura della Tessaglia, con il sole di gennaio che riscalda l'aria come se fosse aprile inoltrato, si offre al viaggiatore che arriva dal golfo di Maliaco, come un'ampia e disabitata distesa agricola, punteggiata di oliveti e alberi da frutto, prematuramente verde per il grano germogliato.

Le meteore si trovano all'estremità nord ovest di questa regione, stupefacente anteprima della catena dei monti Anticassiani che si sporge sull'Albania. Costituite da grandi rocce di arenaria o di argilla sabbiosa, finemente lavorate da un processo di erosione durato 60 milioni di anni, si ergono in picchi e torri di varie dimensioni, spesso solcati da fenditure e canali a picco.

Intorno all'anno mille, i primi ad utilizzarle come rifugio e poi come eremo, furono i monaci anacoreti della chiesa cristiana ortodossa che ne sfruttarono le caverne e le altre cavità naturali, per sfuggire alle persecuzioni subite dai turchi. Queste rocce costituivano un'efficace fortificazione naturale e le sommità , raggiungibili solo tramite scale, corde, reti a verricello, richiedevano impavide ascensioni degne di abili alpinisti. Raccolte d'acqua, piccoli orti e la generosità della gente del luogo, fornivano agli eremiti quel poco di cui avevano bisogno.

I primi monasteri furono costruiti intorno al XIV secolo e in breve tempo divennero importanti centri di culto. Dei 24 originari oggi ne rimangono soltato 6, divisi tra maschili e femminili, ancora perfettamente integrati con il territorio circostante che, nel 1998, è stato dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità. Gran Meteora, Varlaam, Roussanou, Nikolaos, Stefanos e Aghia Triada, dedicati rispettivamente alla trasfigurazione di Gesù, a due eremiti, a due santi e alla Trinità, sono oggi raggiungibili grazie a scalinate e ponti che non alterano la suggestione di questi luoghi sacri.




Il momento migliore per visitarli è la mattina presto, appena aprono ai visitatori e prima che la folla di fedeli e di turisti faccia la propria comparsa. Un buon modo per raggiungerli è partire a piedi dalla sottostante cittadina di Kalambaka e seguire gli itinerari che si addentrano nei boschi di quercia spinosa (talvolta sorvolati dall'avvoltoio capovaccaio) e che consentono un approccio più autentico a queste formidabili formazioni. Ogni monastero ha una propria caratteristica storica, morfologica, architettonica e in tutti sorprende per fascino e ricchezza artistica il "katholikon", il tempio, il luogo di preghiera e devozione, cuore di queste singolari strutture "sospese nel cielo". Il simbolo araldico dell'aquila a due teste che simboleggia l'unione di due imperi (o poteri) e che la chiesa ortodossa utilizza come eredità dei bizantini, troneggia indisturbato in tutta la zona e negli stessi monasteri.





A Kalamabaka, è opportuno visitare l'antica chiesa bizantina della vergine Maria e il piccolo quartiere di Sopoto. Nella cittadina si possono gustare piatti tipici della tradizione greca come Gyros, Moussaka e Choriatiki, magari accompagnati da un bicchiere di vino bianco, mentre nei dintorni si trova la grande grotta di Theopetra, abitata dagli umani per oltre 130 mila anni fino all'ultima era glaciale.

Lasciate le meteore, il viaggio si snoda tra i rilievi montuosi che conducono al golfo di Corinto, una successione di bastioni calcarei che ospitano una fitta macchia mediterranea con spettacolari scorci su vette impervie, piccole vallate e brulle colline sfruttate dalla pastorizia. I borghi si contano sulle dita di una mano, mentre si percorrono chilometri di un paesaggio segnato dalla mano dell'uomo, eppure in qualche modo ancora selvaggio, rupestre, in un Paese che ha l'80 % del suo territorio coperto da montagne. La scelta di scendere verso il mare è dettata dalla volontà di raggiungere la mitica Delfi, dove l'oracolo del tempio di Apollo, ha segnato la storia della Grecia antica e delle sue colonie che si estendevano fino alle coste del Mar Nero. L'oracolo era una donna, la sacerdotessa Pizia, che circondata da misteriosi vapori pronunciava il responso ai quesiti che gli venivano posti. Le sue enigmatiche risposte condizionavano a tal punto il richiedente, che dalle sue parole, proferite in stato di trans, si poteva decidere le sorti di una vita, o nel caso l'interlocutore fosse un potente di turno, lo scatenarsi di una guerra.

Si credeva che Delfi fosse "l'omphalos", l'ombelico del mondo simbolicamente rappresentato da una pietra di valore religioso, il luogo dove si erano ricongiunte le due aquile che Zeus aveva lanciato a oriente e ad occidente, proprio per stabilire quale fosse il centro dell'universo.

Nel vasto sito archeologico, è presente anche il santuario di Athena Pronaia, con una tholos del IV secolo a.c. e un importante museo che raccoglie statue, busti, oggetti di vario genere, rinvenuti nel corso degli scavi e tra cui spiccano le agili forme dei "gemelli di Argo".

Delfi, collocata ai piedi di imponenti falesie a 600 metri di altitudine, comprendeva anche un teatro e uno stadio, ovvero un complesso di edifici, strade e templi che oggi sono in gran parte ridotti in rovina e che, nonostante il fascino del mito, obbligano il visitatore ad un certo sforzo di immaginazione per ricollocare ogni pezzo in questo notevole puzzle di pavimenti, colonne, architravi e blocchi da costruzione.



Atene, luogo di partenza e di ritorno del viaggio, unico vero centro propulsivo dell'intero Paese che con i suoi 4 milioni di abitanti ospita più di un terzo della popolazione greca, da Delfi si raggiunge in un paio d'ore.

Il suo centro caotico e il suo instancabile traffico automobilistico, la accomunano a tante altre capitali europee, anche se ogni scorcio sull'Acropoli, alta ben 156 metri s.l.m. e perfettamente posizionata in mezzo alla città, la rende immediatamente unica e riconoscibile.

Il più grande complesso architettonico della Grecia, che nella sua millenaria esistenza ha subito più di uno sfregio e perfino un disastroso bombardamento, si presenta al visitatore come un'esperienza unica e sensazionale. In tutta l'area monumentale, sorta nel VII secolo a.c. come fortezza, aleggia infatti un che di imponente, di sacro e di bello, nel senso classico del termine. Qui, le foto si sprecano per le impeccabili cariatidi dell'Eretteo (le originali sono collocate nel sottostante museo), per il tempio ionico dedicato ad Atena protettrice della città, per il Partenone, per i Propilei e per il tempio di Atena Nike. Oltre che per gli spettacolari teatri dedicati a Dioniso e a Erode Attico.





La potenza evocativa del luogo è davvero impressionante, come è stupefacente la vista della verde Agorà posta ai suoi piedi, un'area di 12 ettari che è stata il cuore politico, amministrativo e sociale della città, durante tutto il corso dell'antichità.

Dalla balconata dell'Acropoli che a sud ovest affaccia verso il Pireo e che offre un poderoso colpo d'occhio sull'intera area urbana, costituita da un infinità di edifici bianchi coronati da brulle colline, si osservano lo splendido tempio di Efesto, isolato su un altura ricca di alberi e arbusti, l'imponente Stoà del re Attalo, realizzata nel II sec. a.c. e perfettamente ricostruita negli anni 50 dello scorso secolo, le colline di Licabetto e Filopappou.

Per scendere nell'Agorà, che contiene anche la parte edificata durante la dominazione romana, si passa a fianco della collina dell'Aeropago che è possibile salire per ammirare un nuova prospettiva sull'Acropoli e sul resto di Atene. Attigua all'area che ospitava il mercato e nelle cui adiacenze ci sono altri edifici storici come la Torre dei venti, si trova il bel quartiere della Plaka, denso di negozi per turisti ma dove si può ancora incontrare qualche autentica attività artigianale, originali atelier  e un piccolo teatro d'avanguardia. Tra la Plaka e il giardino nazionale che si estende dal parlamento e dalla famosa piazza Syntagma fino all'arco di Adriano, il tempio di Zeus e l'edifico neoclassico dello Zappion, si danno appuntamento nel fine settimana famiglie con bambini, coppie, studenti e anziani, insomma gli abitanti della città che vogliono godersi il centro della capitale per una passeggiata all'aperto. Atene, naturale crocevia di merci, di idee e di culture, mostra la sua originalità e le sue tradizioni praticamente in ogni strada dei quartieri centrali, tra immobili secolari e altri ben più moderni, talvolta interrotti da scavi che riportano in superficie porzioni di edifici, giare e serbatoi risalenti a oltre duemila anni fa. La città è anche il simbolo della rituale conservazione dell'ortodossia cristiana, del tentativo di riprendersi da un'asfissiante crisi economica, di trovare una nuova dimensione di sé, a cui fa da specchio il ribellismo che la pervade sotto varie forme e che trova la sua massima espressione nel quartiere "anarchico" di Exarchia.

Questo distretto, creato alla fine del XIX sec. in quella che allora era la periferia della città, ha preso il nome dall'imprenditore mercantile Exarchos, che vi aveva aperto un magazzino generale. Il quartiere ha avuto un ruolo nella vita recente del Paese: prima durante la seconda guerra mondiale, come nucleo organizzativo della resistenza partigiana contro gli invasori italiani e tedeschi, poi come luogo di elaborazione critica durante la dittatura fascista "dei colonnelli" tra il 1967 e il 1974. Exarchia, che tra i suoi confini ospita il polo universitario del Politecnico, si è dunque caratterizzato come fulcro di alternativa sociale e politica al sistema capitalista. Le sue vie, spesso decadenti e zeppe di murales, ospitano un fiorire di iniziative artistiche e una galassia di gruppi antagonisti che più volte hanno cercato di ribadire la propria autonomia dal governo cittadino e dallo stato centrale.




Luogo di contestazione radicale e di proposizione alternativa, è animato da centri sociali, librerie indipendenti, spazi autogestiti, locande e piccoli caffè, frequentati da moltissimi giovani che arrivano anche dal resto del Paese e da altre città europee. Simbolo vivente della Grecia anticlericale e antimperialista, ha avuto per anni il suo punto di ritrovo nella piccola Plateia Exarcheion, una piazza di forma triangolare che oggi è in gran parte occupata da un cantiere della nuova metropolitana e pertanto preclusa al pubblico. La costruzione della stazione (ferma da un anno) è in realtà giudicata dai residenti come una trovata istituzionale per impedire le riunioni, l'arte di strada, le manifestazioni politiche e tutte quelle iniziative che hanno contraddistinto il quartiere. In effetti, la piazza è oggi militarizzata, controllata 24 ore su 24 dalla polizia e da reparti speciali in tenuta antisommossa, che indicano chiaramente le scelte che il governo ha adottato nei confronti di questo scomodo pezzo di città e quale sia il proprio concetto di democrazia.

L'addio o l'arrivederci, a questa terra ricca di storia, di bellezza naturale e di atmosfere originali, lo si può dare al tramonto visitando il mercatino delle pulci nel quartiere di Monastiraki, dove si trovano la piccola e la grande cattedrale della città, negozi vintage e la omonima piazza in cui spicca l'antica moschea Tzistarakis, simbolo della secolare dominazione ottomana e oggi porzione del museo del folklore.

Tra musiche tradizionali, banchetti che propongono cibo, gente di ogni tipo che osserva, cammina e parla, la luce morbida di un gennaio che sembra primavera, colora di rosa pallido questo mondo antico e moderno, che lascia nel viaggiatore il desiderio di tornare.


Immagini di Max Strata e Alex Balloni

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